L’emergenza del Covid-19 ha colto tutti di sorpresa ma ha anche evidenziato in modo emblematico alcune carenze strutturali del nostro Paese. L’Italia è purtroppo tra le nazioni europee più indietro nello sviluppo dell’innovazione, come evidenzia l’ultimo Rapporto Globale sul Digitale del Centro Economia Digitale. Tra i 28 paesi che compongono il vecchio continente l’Italia è al 24° posto nel punteggio DESI 2019, l’indicatore della Commissione Europea che misura il livello di attuazione dell’Agenda Digitale di tutti gli Stati membri.
A soffrire per la carenza di infrastrutture informatiche sono tutti i settori strategici del Paese e tra questi la scuola, che ha chiaramente dimostrato di non essere sufficientemente pronta ad affrontare non solo le sfide del presente, ma anche quelle future. Il problema nasce da lontano. Quello della digitalizzazione delle scuole italiane e dell’insegnamento dell’uso della tecnologia è un percorso che risale a più di dieci anni fa, quando nel 2007 si era discusso di un “Piano Nazionale per la Scuola Digitale”, cioè il programma di indirizzo del Ministero dell’Istruzione con l’obiettivo principale di modificare gli ambienti di apprendimento e promuovere l’innovazione digitale nella scuola.
Anche se i vari sistemi educativi europei includono l’educazione digitale nei propri curricoli scolastici e promuovono l’uso delle tecnologie a fini pedagogici, i fatti di questo periodo evidenziano che non si è fatto abbastanza e che esistono differenze rilevanti nel paese, con qualche eccellenza ma anche molte lacune e carenze lungo lo Stivale. D’altra parte la scuola italiana è composta da circa 36.000 sedi scolastiche, dove lavorano circa 850.000 docenti, in più di 350.000 classi composte da 8 milioni di studenti dai 6 ai 9 anni, con 4,5 milioni di famiglie coinvolte.
Secondo i dati Istat 2018, una famiglia italiana su quattro non dispone di accesso alla banda larga da casa. Il gap tra il Trentino (la regione in testa alla classifica) e il Molise (in ultima posizione) è di ben 15 punti in termini di copertura. A restare indietro è ancora una volta il Sud, dove la maggior parte delle famiglie viene penalizzata: 4 su 10 non hanno il PC. Inoltre solo 3 ragazzi su 10 hanno competenze digitali elevate.
Il ritardo italiano in confronto agli altri paesi europei è dovuto anche dall’affanno dei docenti: solo il 47% degli insegnanti, secondo il report Educare Digitale di Agcom del 2019 tracciato su dati Miur, afferma di utilizzare le tecnologie quotidianamente nelle proprie attività formative.
Eppure investire nella scuola è un passo essenziale per guardare al futuro. L’educazione digitale deve necessariamente incentivare da una parte lo sviluppo di competenze rilevanti per gli studenti e per gli insegnanti, dall’altra l’uso pedagogico delle tecnologie per supportare, migliorare e trasformare l’apprendimento e l’insegnamento.
Conseguire questo ambizioso traguardo richiede però partire dall’infrastruttura tecnica, la nota davvero dolente.
Sempre secondo l’Agcom soltanto il 9% delle scuole primarie, l’11,2% delle secondarie di primo grado e il 23% delle scuole superiori ha disponibilità di banda internet di qualità. Da qui bisogna partire.
La spinta può arrivare dai fondi stanziati dal decreto “Cura Italia” che rende disponibili 10 milioni di euro per consentire alle istituzioni scolastiche statali di dotarsi immediatamente di piattaforme e di strumenti digitali utili per l’apprendimento a distanza, o di potenziare quelli già in dotazione. A questi si aggiungono 70 milioni di euro per mettere a disposizione degli studenti meno abbienti, in comodato d’uso, dispositivi digitali individuali per poter accedere alla rete e alle piattaforme di e-learing; 5 milioni di euro per formare il personale scolastico sulle metodologie e le tecniche per la didattica a distanza.
Un contributo essenziale per cogliere l’opportunità di colmare il gap con gli altri paesi e adeguare la scuola italiana può essere dato anche dai professionisti delle infrastrutture informatiche come TP-Link, leader nella fornitura di soluzioni wireless.
L’azienda infatti, oltre a proporre una vastissima gamma di dispositivi pensati per la connettività domestica e perfetti per l’Homeschooling, da anni si occupa di fornire soluzioni wireless professionali adatte a supportare gli istituti scolastici, offrendo tutto il know how necessario e prodotti professionali all’avanguardia per realizzare l’ammodernamento digitale in tempi rapidi e a costi competitivi.
La linea di prodotti business wireless Omada, che in greco significano “squadra”, è infatti capace di rispondere adeguatamente a ogni necessità operativa, intervenendo sia su piccoli edifici sia su ampi comprensori scolastici fornendo una connettività wireless solida e affidabile. L’ecosistema di prodotti professionali TP-Link comprende Access Point Wi-Fi, Switch, Router VPN e Security Gateway, che è possibile gestire da un’unica piattaforma centralizzata in Cloud tramite Hardware o Software Controller.
Molte scuole hanno già adottato le soluzioni wireless professionali TP-Link, come ad esempio l’Istituto Comprensivo B. Sestini di Agliana. La necessità principale dell’Istituto consisteva nel fornire i servizi digitali legati alle attività didattiche e nel permettere a docenti e alunni l’utilizzo di dispositivi connessi. Di fondamentale importanza era poi garantire un accesso sicuro alle risorse centrali dell’Istituto anche da remoto.
Si è quindi resa indispensabile la creazione di un’infrastruttura wireless diffusa nei 9 edifici che compongono l’Istituto e la realizzazione di una serie di VPN tra plesso principale e plessi secondari per la condivisione del materiale didattico. Per scoprire altre storie di successo realizzate in ambito Education è possibile consultare la sezione dedicata del sito.
Ripartire dalla scuola si può, anzi, si deve.
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